Under 12: l’infinito del verbo rugby

  • 4 Maggio 2015

Grandi lezioni da piccoli maestri al 5° Torneo Città del Tricolore di Reggio Emilia

Firenze, 4 maggio 2015 – Perché lo chiamiamo rugby educativo? Forse perché ogni volta che viene giocato si impara qualcosa. Questo è vero per chi scende in campo ma ancora di più per quelli che rimangono ai bordi o sugli spalti. Perché lo chiamano settore “propaganda”? Forse perché utilizza specifiche tecniche di persuasione per indurre chi vi entra in contatto a farsi discepolo del rugby.

Il 5° Torneo Città del Tricolore è stata un’eccezionale occasione di apprendimento e di propaganda per tutti coloro che hanno avuto la forza di alzarsi Domenica 3 Maggio all’alba per raggiungere gli impianti del Rugby Reggio invaso dagli atleti di 10 diverse società divisi per 4 diverse categorie (dall’U6 all’U12).
Una lezione di quelle che non scordi facilmente soprattutto perché in cattedra salgono dei 10-11enni stravolti dal sonno e dal viaggio. Una lezione che è difficile raccontare il giorno dopo ma eccovi qualche spunto:

L’infinito del verbo rugby è “aiutare”. Mai nessuno resti da solo è stato il messaggio lanciato dal campo e che abbiamo raccolto anche oltre i minuti di gioco.

O hai la palla e avanzi o tiri giù l’avversario. E certi avversari erano proprio grossi, con fisici che sfidavano le leggi della fisica, esplosi anzitempo a forza di cacciucco o tortellini. Eppure l’abbiamo sentito il tonfo che fa un gigante quando cade sull’erba morbida e abbiamo visto tanti piccoli David fronteggiare qualche simpatico Golia. Siamo abituati a pensare che il pesce grande debba mangiare il pesce piccolo, ma se i pesci piccoli si organizzano sono guai per quello grande.

Giocare “alla mano” non vuol dire essere affabili e fare le cose in modo informale ma far viaggiare la palla e la fantasia. I ragazzi dell’U12 ce l’hanno dimostrato esibendo sprazzi di ottimo gioco in velocità, capace di mettere in difficoltà anche le squadre più attrezzate. Non sarà stato un vero e proprio rugby-champagne, ma visto che eravamo in terra d’Emilia ci siamo accontentati di un onesto rugby-lambrusco.

Testa bassa quando sei in campo, testa alta quando esci. A volte sembra tutta una questione di dettagli: se quella palla fosse rimbalzata diversamente, se quel passaggio fosse stato un centimetro più lungo, se l’arbitro avesse fischiato quel fallo… Probabilmente staremmo qui a parlare di uno splendido primo o secondo posto piuttosto che di un meraviglioso quarto piazzamento.
Ma i dettagli non appartengono al regno della fortuna, sono i figli illegittimi dell’impegno e della preparazione.
A volte devi soltanto ammettere che gli altri sono stati più bravi, più forti, più determinati.

Grandi lezioni da piccoli maestri, buone per la prossima partita, ovunque essa si giochi.

Vittorio Iervese – foto: Paolo Gallori