ELOGIO DELLA FOLLIA DEI RIBOLLITI

  • 8 Aprile 2019

Di Pivalove da Prato*

Parla la Follia:

Perché poi io sia venuta giovedì a Scandicci, lo saprete fra poco, purché non vi annoi porgere orecchio alle mie parole: non quell’orecchio, certo, che riservate ai coach, ma quello che porgete ai ciarlatani in piazza (i tre quarti), ai buffoni (i mediani), ai pazzerelli (gli avanti)….Mi è venuta infatti voglia d’incarnare per un po’ il personaggio dell’esperta di rugby:  ascolterete dunque un elogio, e non di Parisse o di Mattoccia, ma il mio: l’elogio della Follia dei Ribolliti.

Certamente, io non faccio alcun conto di coloro che vanno blaterando dell’estrema dissennatezza e tracotanza di chi è sceso in campo. Sia pure folle quanto vogliono; dovranno riconoscerne la coerenza. Che cosa c’è, infatti, di più coerente della Follia di chi, passata da tempo la primavera della vita, decide di prendersi a cornate in mezzo al fango e alla pioggia, sacrificando rotule e sovraspinati ?

Ora, tuttavia, devo esprimere la mia meraviglia per l’ingratitudine, o, come dire?, per l’indifferenza dei Ribolliti. Tutti riconoscono di buon grado i miei benefici, eppure, non si è trovato nessuno che desse voce alla gratitudine con un discorso in lode della loro Follia.

Tutto inizia al Padovani, sotto lo sguardo attento dei gemelli diversi che sono i nostri coach: un loro cenno, ora come sempre, mette sottosopra cielo e terra. La loro sapienza illumina la mischia e la touche, evidenzia le aperture sulla chiusa, dispensa consigli (raramente compresi) e giudizi (sempre troppo buoni), definisce schemi, ipotizza percorsi….ed il cielo sembra aprirsi a cotanta luce, le gambe rispondono, le mani afferrano (vabbè, quasi tutte, soprattutto se non si allena bostik), le traiettorie si definiscono.

Allora perché, dal momento che sto chiacchierando con voi, non essere più esplicita, secondo il mio costume? È forse con la testa, con le mani, con i piedi che si genera la beatitudine ovale? No davvero! propagatrice della follia originaria di Web Ellis è quella parte così assurda e ridicola che non si può neppure nominare senza ridere: il cuore.

E  dove, di grazia, questa cuore rugbistico alberga? Dove, se non dove sono io? È per merito mio che i Ribolliti sono così privi di senno; è per questo che sono sempre di buon umore. Mentirei, tuttavia, se non ammettessi che a volte a furia di allenarsi e comprendere le stellari geometrie del gioco, a volte sembrano acquistare una certa maturità, subito s’illanguidisce la loro alacrità,  si consultano classifiche e resoconti, si guardano in televisione quelli bravi…. Quanto più si allontanano da me, tanto più si credono giocatori veri.

Ma nessun biancorosso riuscirebbe a venirne a capo se, ancora una volta, impietosita da tanto soffrire non venissi in aiuto io, e, a quel modo che gli Dèi della fiaba di solito soccorrono con qualche metamorfosi chi è sul punto di perire, anch’io, per quanto è possibile, non riportassi all’infanzia quanti sono prossimi alla tomba, onde il volgo, non senza fondamento, usa chiamarli rimbambiti.

Ed allora, com’è accaduto giovedì, perché non si dimentichino di me mi siedo accanto a loro e gli faccio scordare ogni cosa, tranne di essere una squadra con la R maiuscola: e allora faccio credere a Gilbert di essere un vero mediano, al Raddik di avere ancora 30 anni, al Croce di avere i pantaloncini bianchi. Allora tutti, avanti e trequarti, sono còlti da un turbamento che alla follia è vicinissimo; fanno discorsi incoerenti, proferendo parole strane e senza senso; ora piangono, ora ridono, ora sospirano, insomma sono davvero del tutto fuori di sé.

Ma è questo che riesce a dargli lo sport di cui porto la bandiera: sanno di essere stati al colmo della beatitudine quando erano in quello stato. Perciò piangono solo perché la partita è finita, e soprattutto desiderano di essere in eterno in preda a quel genere di follia.

Vedo che aspettate una conclusione: ma siete proprio scemi, se credete che dopo essermi abbandonata ad un simile profluvio di chiacchiere, io mi ricordi ancora di ciò che ho detto. Un vecchio proverbio dice: “Odio il convitato che ha buona memoria”. Oggi ce n’è un altro: “Un ribollito può perdere o vincere, ma butterà sempre il cuore oltre l’ostacolo e dirà: sarà per la prossima volta”. Perciò addio! Applaudite, bevete, vivete, famosissimi iniziati alla Follia dei Ribolliti.



Non troppo liberamente tratto da “Moriae Encomium” di Erasmo Da Rotterdam

PivaLove